L’infelicità aguzza l’ingegno, sembra dire Tilman Rammstedt con il suo romanzo L’imperatore della Cina, storia di viaggi sognati, architettati, irrealizzati e inventati.
Tilman Rammstedt, o meglio l’io narrante Keith Stapperpfennig, racconta di un nonno bizzarro e testardo, dispotico e dispettoso, affettuoso e attento per vie sconosciute ad altri; racconta delle sue manie, non di rado esilaranti, delle numerose ‘nonne’ di giovane età avvicendatesi al suo fianco, dei post-it di spiritosa sollecitudine sparsi per casa e indirizzati ai nipoti, a Keith e ai suoi fratelli, di mete agognate e di mirabolanti, acrobatiche avventure dei ricordi.
Le vicende si dispiegano su tre piani narrativi. Il primo piano è il presente, nel quale Keith vive, da giorni accucciato sotto una scrivania, in volontario (inevitabile?) isolamento. È da sotto la scrivania che Keith riceve la telefonata che gli annuncia la morte del nonno. Tra tutti i nipoti, è lui, Keith, che viene convocato per il riconoscimento del cadavere. Il secondo piano è quello dei ricordi di Keith; sono ricordi che riguardano soprattutto il nonno, ma anche i fratelli e le sorelle, a proposito dei quali Keith dichiara: «Non so davvero con quanti dei miei fratelli sono davvero imparentato. Ma si parte dal presupposto che con la maggior parte di loro ho in comune almeno un genitore» (p. 19). Vita in comune in affollata solitudine, quella di Keith, ‘orchestrata’ dal nonno e vivacizzata a intervalli dall’arrivo di una delle ‘nonne’, compagne del nonno di durata più o meno breve. Con l’ultima in ordine di apparizione tra queste, Franziska, Keith ha una relazione sui generis. Il terzo piano narrativo è costituito da una serie di lettere che Keith indirizza ai fratelli dalla Cina, dove, afferma, è in viaggio con il nonno. Questi si è fissato con la Cina come meta, ha ignorato qualsiasi obiezione mossa dal buon senso. Il ruolo di accompagnatore è ‘caduto’ su Keith, nipote prescelto per somigliante diversità; la singolare battaglia di Keith contro questo ruolo è anch’essa oggetto della narrazione.
Il racconto del viaggio inventato si rivelerà una esplorazione, a tratti stizzita, il più delle volte sbalordita e incantata, nei sogni, nelle passioni e nei ricordi, un non-viaggio straordinariamente vivido, inusuale e inaspettata opportunità.
L’imperatore della Cina ha vinto il premio Ingeborg Bachmann nel 2008 (qui testo, notizie e video). Tilman Rammstedt è nato a Bielefeld nel 1975 e vive a Berlino. Scrive e fa parte di un gruppo musicale, i Fön.
Tilman Rammstedt, L'imperatore della Cina, Del Vecchio editore 2011
Anna Maria Curci
26 settembre 2011
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