Le domande sono un dono. Ieri mi è capitato di ricevere questo dono da A., che si è fermata dinanzi a un Tau francescano e ha chiesto dettagli sul significato. A. ha dodici anni, è curiosa come e forse più dei suoi coetanei. Le sue domande sono un’autentica sfida, perché A. parte da quello che ha imparato a scuola e non si ferma lì. Nell’abbozzare una risposta – il Tau e Francesco, il Tau nel suo percorso tra lingue e culture, il Tau e la parabola delle lettere dell’alfabeto – mi sono resa conto che la strada da percorrere è ancora lunga, che, insomma “hai voglia a mangiar pane”, Mutter Courage!
Ho ripreso in mano il libro che ho avuto in prestito, La preghiera di Israele, e mi sono imbattuta, dopo la già menzionata Parabola delle lettere dell’alfabeto, in diverse parole-chiave che hanno in comune il Tau come iniziale. Accanto alle note Torah e Tefillin/filatterio, è stata Targum ad attirare la mia attenzione. Ecco perché:
Targum (dalla radice trgm, tradurre, spiegare) significa «traduzione», «spiegazione», «interpretazione» e con esso si intende la traduzione dei libri biblici dall’ebraico all’aramaico. Dopo il ritorno dall’esilio babilonese, poiché all’ebraico classico si veniva progressivamente sostituendo la lingua aramaica, si avvertì la necessità di tradurre il testo biblico per renderlo comprensibile a tutti. La lettura della Torah e la sua traduzione avvenivano simultaneamente, versetto per versetto, alla presenza di un lettore ufficiale (qore’) e di un traduttore (meturgheman). Secondo una fonte del decimo secolo che riferisce una pratica probabilmente pre-cristiana, il tergum si faceva così:
Chi è chiamato alla Torah legge mentre un altro traduce versetto per versetto… Tra il lettore e il traduttore sta una terza persona… per aiutare l’uno e l’altro e per suggerire prima che egli legga o parli… Se c’è qualcuno che non sa leggere bene o che è timido, essa lo aiuta. Chi però non sa leggere per niente, non può essere chiamato a leggere e a tradurre… Se il lettore sbaglia, il traduttore non può correggerlo. Ugualmente, se sbaglia il traduttore non spetta al lettore correggerlo. Solo la terza persona può correggere sia il lettore che il traduttore.L’introduzione del targum nella liturgia sinagogale non fu senza difficoltà: alcuni trovavano l’aramaico incapace di esprimere la bellezza dell’ebraico (cfr. Talmud bab. Sot 33 a), altri invece lo ritenevano di uguale dignità (cfr. Talmud bab. Sanh 21 b). A parte la soluzione adottata, consistente in un tipo di traduzione né troppo letterale né troppo libera («chi traduce un versetto nella sua forma letterale è un falsificatore e chi vi fa qualche aggiunta è un blasfemo»: Meg 4, 41), la letteratura targumica testimonia di una cosa molto importante: che nell’ebraismo la Torah deve essere da tutti compresa e interpretata.
(da: Carmine Di Sante, La preghiera di Israele. Alle origini della liturgia cristiana, Casale Monferrato, Marietti 1985, p. 119)
Le domande sono un dono.
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