Ne La nevicata dell’85, Piero Colaprico e Pietro Valpreda immaginavano come un capitano dei carabinieri, “da interista a interista”, illustrasse a Pietro Binda, ex-maresciallo protagonista di una avvincente (e ben documentata) serie di casi, la psicologia del tifoso della Beneamata: “È uno che pensa che nella gioia l’uomo è uno sbandato e solo nel dolore, nelle sventure, si forma il carattere. Noi interisti crediamo che le qualità migliori non si trovano tra gli uomini felici, ma scintillano di più nella disgrazia. Se fossimo poeti, diremmo che il fiore più bello nasce tra le spine. Questa è la nostra consolazione dopo certe partite buttate via all’ultimo minuto. In fondo siamo saggi, e sappiamo bene, come dicevano i padri, che noi umani siamo nati per soffrire. E quindi la spiegazione della nostra incrollabile fede nerazzurra: grazie a quei maledetti ci alleniamo per le prove più dolorose che la vita ci riserverà, impariamo a resistere alle intemperie del destino. Però, Binda, che fatica certe domeniche essere saggi e interisti nello stesso tempo. Non ha mai sognato di partecipare a un’invasione di campo?”.
Che fatica essere saggi e appassionati del proprio lavoro, in una domenica come questa, al tramonto di un’estate estenuante di invasioni di campo, con dita alzate e moniti di sedicenti, ancorché non seducenti, esperti dell’istruzione! Riassunto delle puntate precedenti (qualche giorno fa): l’ineffabile E.quilibrista del rovesciamento, signorino grande firma, è arrivato, in uno dei suo memorabili e.ditoriali, a rovesciare la propria posizione, vecchia solo di qualche settimana – ma si sa, nel paese dove fioriscono i limoni, si può fare pieno affidamento sulla memoria labile dei pochi, sebbene ormai un po’ più di venticinque, lettori – trovando un rimedio nella riduzione drastica delle discipline e nello studio della letteratura italiana. Sacrosanto (il secondo punto, non il primo, non facciamo lo sbaglio del tre per due), direbbe qualsiasi persona armata di sano buonsenso. Peccato che l’ineffabile si fosse profuso e diffuso solo qualche settimana prima, appunto, sul male causato al Belpaese da intellettuali e letterati.
“Al congresso sono tanti, dotti, medici e sapienti, per parlare, giudicare, valutare e provvedere, e trovare dei rimedi, per il giovane in questione”. Da qualche giorno mi ronza in testa la canzone di Edoardo Bennato e la trovo attuale così come mi appariva (oltre) trenta anni fa, quando ero, per così dire, dall’altra parte della barricata. Ma la memoria, si sa, non è una specialità nostrana. Mi accorgo di esser stata facile preda del luogo comune e correggo: quando sedevo tra i banchi di scuola. Vedere e, ancor peggio, mostrare il mondo dell’istruzione come un sistema di fronti contrapposti di studenti e insegnanti equivale a spostare furbescamente il tiro. Proviamo allora a risolvere una semplice operazione: date opinioni, professione e ascendenze di chi scrive, da chi le saranno impartite lezioni su… come far lezione? Già, dimenticavo, nel frattempo è arrivata l’usuale tempestiva (???) smentita dell’improvvida sortita ministeriale. Secondo costume oramai diffuso. Nel frattempo il sasso è stato lanciato.
Allora faccio tesoro dell’insegnamento di Pietro Binda. Ma che fatica, certe domeniche!
Anna Maria Curci, 24 agosto 2008
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