La mucca di Nikolic e i fuoriusciti di Michele Lupo
di Anna Maria Curci
Mi ha sempre ispirato una grande simpatia, la mucca di Nikolic. Mi sembra di conoscerla da sempre, non solo per il demiurgo del parquet varesino che l'ha resa famosa. Mi viene spesso mosso il rimprovero di comportarmi come la mucca di Nikolic e fin dal primo manifestarsi di questo ciclico e affettuoso rimbrotto mi ronza nella testa una storia narrata dalla prospettiva della protagonista della più celebre metafora della pallacanestro, almeno per gli affezionati della mia generazione.
Ma chi è la mucca di Nikolic? E, soprattutto, che cosa c’entra con I fuoriusciti di Michele Lupo? La storia è presto raccontata. Aza Nikolic, il “condottiero della Grande Ignis”, abile stratega, anche della comunicazione efficace, ricorreva spesso all’immagine della mucca che dà un calcio al secchio del latte che le è stato appena munto. Paragone calzante e tagliente, questo, per indicare l’atteggiamento di chi manda all’aria, dopo tanto adoperarsi, sforzi e talento.
I fuoriusciti di Michele Lupo raccontano Storie di fughe, ritorni e trascurabili vendette. La prospettiva è, finalmente, quella della mucca di Nikolic. Non so se Michele Lupo ha pensato a Nikolic e al suo paragone, scrivendo queste storie. Che conosca il mondo della pallacanestro e abbia dimestichezza con le sue metafore, è stata per me una gradita epifania.
In Ego te absolvo, il terzo dei sei racconti che compongono la raccolta, l’io narrante torna con il pensiero agli anni dell’adolescenza e scrive:
“Ero il playmaker. Tutto questo solo perché non volevo rinunciare al basket, e quel ruolo mi consentiva di ridurre al minimo inevitabile i corpo a corpo con gli altri giocatori. Avevo i miei secondi per far muovere i miei compagni di squadra secondo lo schema stabilito, il tempo di ordinare mobili geometrie in cui potevano cozzare l’uno contro l’altro (gli altri, non io, che ero lì a disegnare il mondo). Forse era quello che mi riusciva meglio, dare l’impressione di governare con la testa l’energia muscolare dei corpi che scattavano a caccia della palla. Mi riusciva di far credere che l’intero movimento, della palla e dei giocatori, acquisisse un senso (era forse soltanto l’effetto del mio sguardo miope). (p. 48)
Il calcio della mucca di Nikolic ricorre nelle storie: è il gesto finale, coronamento inatteso, di Enrico ne Il babysitter, permea la vita di Claudia, una delle due sorelle de La sciarpa verde, agita i calci furiosi – un segreto tra lui e il nonno – del ragazzino di Gatti del Sud, si concretizza nella decisione presa da Matteo nel camerino in Cimento del tempo libero, brilla, infine, in una scheggia di vetro, agli occhi di Marta, protagonista del racconto conclusivo, Congedo.
Vanno conosciuti, senz’altro, I fuoriusciti di Michele Lupo. Quando sono entrati qui, qualche giorno fa, intuivo che avevano più di una storia da raccontarmi. Ora che mi hanno rivelato la loro affinità con la mucca di Nikolic, so che tornerò spesso a leggere le loro storie.
Michele Lupo, I fuoriusciti. Storie di fughe, ritorni e trascurabili vendette, Stilo Editrice, 2011
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