Caravaggio, Morte della Vergine
Emergono legami forti tra le mie letture di questi tempi. Uno, in particolare, è costituito dal quadro Morte della Vergine di Michelangelo Merisi da Caravaggio. Ne Il silenzio degli occhi di Giovanni Ricciardi quel quadro e la sua storia occupano un posto di un certo rilievo nella vicenda, in Ave Mary. E la Chiesa inventò la donna di Michela Murgia, nel primo capitolo, intitolato Le voci sulla mia morte sono state oltremodo minimizzate, l'autrice informa e invita alla riflessione su questo punto:
"Non esistono raffigurazioni artistiche di Maria morta che abbiano mai avuto qualche fortuna popolare. Quando Caravaggio provò a rompere il tabù, dipingendo il capolavoro Morte della Vergine, che la leggenda vuole ispirato al corpo di una prostituta annegata nel Tevere, si vide rimandare indietro l'opera dai frati committenti, offesi dal realismo blasfemo di quel corpo gonfio e livido." (Michela Murgia, Ave Mary, Torino 2011, 32-33)
Dalla premessa al libro, Più che un'introduzione, un'intromissione, riporto un passaggio che dà conto, in maniera insieme seria e divertente, senz'altro efficace, del filo che ha condotto le considerazioni di Michela Murgia. Dopo aver introdotto il contesto, il convegno Donne e Chiesa: un risarcimento possibile? svoltosi l'8 marzo 2009 ad Austis alle pendici della Barbagia, Murgia racconta la svolta:
"Alla fine il giovane parroco prese la parola per concludere, e ricordo molto bene che sembrava in imbarazzo e sulla difensiva.
Affermò di avere apprezzato le nostre riflessioni, ma non nascose di ritenerle più adatte a un'altra assemblea, perché nella sua chiesa - ribadì guardingo più volte - le parrocchiane erano tenute in grandissimo conto, e certo non avevano motivo di chiedere risarcimenti per aver subito da Santa Madre Chiesa i presunti danni che il titolo del convegno proditoriamente sottindendeva. Terminò l'intervento affermando con orgoglio che la prova di questo felice clima era che lui ad Austis poteva vantare il supporto di molte collaboratrici nell'attività parrocchiale. Fu proprio in quel momento che accadde l'irreparabile. Con perfetto tempismo un'anonima voce femminile si levò dalla platea e scandì seccamente questa memorabile chiosa: - Per pulire, Don Marco! - [...]. Quella voce diede la stura a un vivace dibattito durante il quale molte altre voci di donna si levarono senza timidezze a commentare le nostre rispettive letture,
Alcune di loro riportarono esperienze che rispecchiavano i nostri esempi, altre chiesero spiegazioni su certe interpretazioni per loro nuove e i pochi uomini presenti presero tutti la parola per darci ragione, a volte spingendosi ad approvare anche idee che non ricordavamo di aver mai sostenuto, ma in quel clima andava bene cosí. […] Rimanemmo in quella sala per due ore e mezzo e nessuna delle signore si alzò dicendo che l'aspettavano a casa, che doveva fare la cena o che il marito si sarebbe preoccupato del ritardo. Fummo noi stesse alla fine a dire basta, e confesso che almeno io lo feci con l'intento di dare qualche sollievo al povero parroco, visibilmente prostrato dalla piega che aveva preso la serata. Per contrappasso finimmo a cenare in un agriturismo affittato a una combriccola venuta lì a celebrare l'8 marzo, con decine di donne in libera uscita dai fidanzati e un karaoke a tutto volume che ci fece rammaricare di avere orecchie per intendere. Non potendo combatterlo finimmo per unirci a loro, e io cantai Born to be Abramo di Elio e le Storie Tese. Fu una gran giornata.
Questo libro è nato quella sera." (Michela Murgia, Ave Mary, 4-6)
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