
Tra le righe n. 8, pubblicato su Poetarum Silva, è dedicata a due traduzioni dai Sonetti a Orfeo di Rilke. Una delle due è di Giaime Pintor, straordinario germanista, un intellettuale "fuori dal coro retorico del Novecento", come lo definisce correttamente Pasquale Vitagliano, affiancandolo, in "Tre storie spezzate" a Carlo Michelstaedter e a Guido Pasolini.
Molti anni fa mi capitò di leggere, da giovane studentessa di germanistica a Roma, le parole che Massimo Mila, in una nota alla premessa alla sua traduzione della trilogia di Wallenstein di Friedrich Schuller, riserva a Giaime Pintor, alla memoria del quale è del resto dedicata tutta l’introduzione. Quella testimonianza ha lasciato un segno profondo:
“Giaime Pintor era nato a Roma, di famiglia sarda, il 30 ottobre 1919. Aveva frequentato le scuole elementari e il ginnasio a Cagliari, il liceo e l’università a Roma, laureandosi in legge nel giugno 1940. Quindi aveva seguito il corso allievi ufficiali, ma la vita militare non gli aveva impedito di svolgere un’intensa attività letteraria e pubblicistica, tra cui si notano mirabili traduzioni in versi di R.M.Rilke e della Kätchen von Heilbronn di Kleist. [… ]Ma ciò che di lui rimane stampato, pur costituendo una voce importante nella nuova cultura italiana, non dà la piena misura della sua stupefacente versatilità e maturità di giudizio, quali sono note a chi lo ebbe amico e poté godere della sua incantevole conversazione: una molteplicità d’interessi che si ribellava ai limiti d’ogni specializzazione e che gli permetteva di orientarsi con ugual sicurezza nella politica, nella storia, nella letteratura, nella musica e nelle arti, una signorilità innata del tratto, la vivacità dell’esposizione e la gentilezza dei modi, tutte queste doti facevano di lui un mirabile esempio di educazione – nel più alto senso della parola – ereditata e assorbita attraverso la cultura dell’ambiente familiare e perfezionata con l’opera assidua dell’intelligenza. ” […] Ufficiale alla Commissione d’Armistizio, era vissuto per più di un anno a Torino, con frequenti viaggi in Germania; quindi si era fatto trasferire a Vichy, per il desiderio impaziente di conoscere nuovi ambienti, nuove scene, nuovi punti di vista politici e culturali […]. Tornò a Roma dopo il 25 luglio 1943, ed appena Napoli fu liberata attraversò clandestinamente le linee del fronte. […] Incaricato di rientrare a Roma con ordini segreti, incappò in un capo minato mentre riattraversava le linee del fronte e fu ucciso dall’esplosione il 1° dicembre 1943. ” (Massimo Mila nell’Introduzione a: Friedrich Schiller, Wallenstein, UTET, Torino 1971, 27-28)
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