Il desiderio di formulare i miei auguri di buon compleanno a chi prodiga sorriso e attenzione, la battuta pronta unita a sapidità e sapienza della parola, mi ha spinto a chiedere a Felicitas Hoppe, scrittrice di Hameln (sì, la città del pifferaio magico) il permesso di pubblicare qui la mia traduzione del Prologo del suo romanzo Johanna. Pur nel bel mezzo dei preparativi per uno dei suoi soggiorni statunitensi - gli atenei e gli editori d'oltre oceano sanno apprezzarla come merita, qui non è stata ancora mai tradotta - Felicitas mi ha risposto con un sì pieno di entusiasmo. Un'amica, che l'ha ospitata negli anni del soggiorno a Roma, mi ha fatto conoscere Felicitas. Del 20 marzo 2008, quando Felicitas ha incontrato, nell'aula magna di una scuola romana, un centinaio di studenti e per due ore ha parlato con loro in tedesco, ha risposto alle loro domande, li ha incantati con la lettura di un racconto dalla sua raccolta Picknick der Friseure (Picnic dei parrucchieri), ho serbato, oltre a un ricordo vivido e gioioso, la dedica sulla copia di Johanna, che Felicitas ha scritto in italiano: "Grazie per l'incontro bellissimo". Grazie per l'incontro bellissimo, Felicitas, grazie per l'incontro bellissimo e buon compleanno, Beppe.
Prologo
Johanna, Giovanna, nacque nella notte dell’Epifania, la notte che celebra l’arrivo dei tre Re Magi. Gli animali iniziarono a parlare, i frati tennero alta la stella, solo i re non riuscivano a mettersi d’accordo.
Diciannove anni dopo, quando il vescovo si apprestava finalmente a pronunciare il verdetto di condanna a morte e il boia si avvicinava con il suo carro, le forze abbandonarono Giovanna. Interruppe il vescovo e disse che avrebbe fatto tutto ciò che le veniva imposto di fare. Gli inglesi andarono su tutte le furie, scagliando pietre urlavano che il vescovo Cauchon era un traditore. Giovanna, che non sapeva né leggere né scrivere, firmò con una croce la formula di abiura. Rideva nel farlo, e gli inglesi urlarono con maggior forza.
Il ventisette maggio il vescovo ricevette la notizia che Giovanna aveva avuto una ricaduta, era tornata a indossare abiti maschili e aveva ritrattato tutto ciò che aveva sottoscritto. Il trenta maggio, verso le nove, ottanta o ottocento soldati inglesi scortarono il suo carro fino al Mercato Vecchio di Rouen. Tuttavia, un certo Loiseleur riuscì a salire sul carro e, tra le lacrime, a implorare Giovanna di perdonarlo per l’ingiustizia arrecatale. A fatica riuscì a sfuggire agli inglesi.
Giovanna restò in piedi per un’ora sulla piazza del mercato, mentre Nicolas Midi teneva una predica e il vescovo rendeva noto per la seconda volta il verdetto di condanna a morte. Per l’ultima volta, Giovanna difese i suoi re, che peraltro erano assenti.
Prima che fosse condotta al rogo, le fu messo in testa un berretto di carta, sul quale erano scritte tre parole, per tutti coloro che sapevqno leggere. In testa al corteo c’era frate Ladvenu, che, ben visibile anche agli assenti, tenne alta la croce, finché Giovanna non lo pregò di scendere dalla scala, perché la croce rischiava di prender fuoco. Lei stessa aveva in mano una piccola croce di legno che un soldato inglese aveva confezionato alla meglio per lei.
Bruciò viva, poiché il rogo era stato allestito a un’altezza tale che il boia non riuscì a darle il colpo di grazia, malgrado provasse pena per lei, perché temeva per la propria anima. Nella piazza, alcuni piangevano, tra questi c’erano anche degli inglesi.
I resti di Giovanna, le ceneri e il cuore, che talvolta resiste al rogo, furono gettati nella Senna da Jean Massieu, usciere del tribunale.
(da: Felicitas Hoppe, Johanna, Fischer Verlag 2006: 9-10; traduzione di Anna Maria Curci)
6 gennaio 2015; la mia traduzione di Johanna è stata pubblicata nel 2014, nel mese di aprile, dalla casa editrice Del Vecchio; in occasione dell'incontro a Milano con Felicitas Hoppe, il 14 novembre 2014, abbiamo ripreso il discorso su poetica e motivazioni, sul viaggio della lettura e della scrittura, sui suoi "Sette tesori", come li chiama Felicitas nelle sue Lezioni di Augusta.
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