Ël pan ed sèira, l'è bon admàn. "Il pane di ieri è buono domani".
Nel primo capitolo de Il pane di ieri (2008), che porta il titolo programmatico Per un’etica della terra, Enzo Bianchi ripropone quattro massime monferrine. Sono nata a Roma, da padre pugliese e madre lucana, ma quando ho letto questo passo un pomeriggio di qualche tempo fa, in una biblioteca, la Biblioteca di San Marco Evangelista in Agro Laurentino, nel quartiere giuliano-dalmata della mia città, mi sono sentita monferrina, o forse ho colto, per una volta almeno, il senso profondo della parola “universalità”:
Ma subito accanto a questo comando, pesante come un macigno, troppo duro da portare per molti, un secondo ammonimento, quasi volto a correggere possibili fraintendimenti da «superuomini»: Esagerùma nenta! «Non esageriamo!» Parole pronunciate sovente come un adagio in reazione a espressioni altezzose, arroganti, vanitose: occorre avere il senso dei propri limiti, saper aderire alla realtà quotidiana, e che meglio del contadino sa scrutare i segni nel cielo tenendo saldamente i piedi per terra? «Chi parla troppo, esagera sempre – si diceva – e chi esagera racconta frottole»: L’invito a non esagerare era l’immissione di una sana diffidenza verso tutto ciò che a prima vista si impone, cresce, ha successo.
[...]
Il terzo comando suonava più come un consiglio, una dose spicciola di saggezza del vivere di fronte a difficoltà che spicciole non erano: L’è question ‘d nen pièssla, «Si tratta di non prendersela». La vita era dura, sovente grama, le disavventure più frequenti di oggi e non coperte da previdenze e assicurazioni: la siccità che non gonfiava gli acini, la grandine – la terribile «tempesta» che vendemmiava prima del tempo, trasformando i solchi della vigna in rigagnoli insanguinati –, la pioggia sui grappoli maturi che abbassava il grado alcolico il magro guadagno, i rigidi inverni «lunghi come la fame» … E poi le vicende familiari, i problemi di salute, con la mutua che si limitava a rimborsare le spese sostenute e non copriva i ricoveri e gli interventi più costosi, le scomparse premature che colpivano al cuore le famiglie e le loro fonti di sostentamento … Allora, «è questione di non prendersela», di attenuare il dolore, di cercare di fermare la sofferenza, di allargare lo sguardo al di là del male che ci ha colpito, di reagire per continuare a vivere senza farsi paralizzare dalle disgrazie. Non di cinismo si trattava, bensì della volontà di porre un limite anche al dolore, di fissare e difendere un confine affinché il male non lo varcasse travolgendo l’intera esistenza. E poi, era un consiglio di saggezza anche di fronte alle più quotidiane calunnie, ai dispetti e alle offese ricevute da vicini e parenti, un sano antidoto al rancore e alla vendetta, un balsamo per quelle piccole e grandi sofferenze frequenti nel per nulla idilliaco ambiente agricolo.
Infine la quarta massima, quella che Bobbio non cita: Mes-ciùma nenta el robi!, «Non mescoliamo le cose!» Principio minimo di ordine che successivamente, durante i miei studi, ho scoperto essere alla base delle prescrizioni bibliche contenute nella tradizione sacerdotale sulla «purità». Non mescolare le cose – «non adulterare» recita letteralmente il comandamento biblico di solito tradotto con un improbabile «non fornicare» o con un sessuofobo «non commettere anti impuri» – è principio di ordine che esige trasparenza di pensiero, chiarezza del discorso, rettitudine nell’agire. Ci sono – si diceva nell’immediatezza del linguaggio contadino – cose degli uomini e cose delle donne, cose della religione e cose politiche, cose di Dio e cose terrene, questioni di interesse e questioni di affetti: non mescoliamo tutto.
Principio estremamente esigente, ma fecondo per i rapporti umani come per il dare forma alla propria vita: nessun ibrido, nessun sconfinamento di campo, nessun appiattimento in un magma indefinito, ma il sapore schietto di un vino non tagliato.
Sì, questi quattro comandi monferrini sono per me un magistero umano che ha edificato la mia etica laica e che ancora oggi considero una coda necessaria ai dieci comandamenti consegnati a Mosè, una norma di vita ancora in vigore per i cristiani monferrini come me.
Qui Fabio Volo legge brani da Il pane di ieri.
Anche Stas’ Gawronski ha proposto una lettura de Il pane di ieri nella trasmissione CultBook.
Questo è il video dell’intervista a Enzo Bianchi nel corso della puntata del 20 dicembre 2008 di “Che tempo che fa?”.
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