Inusuale e impeccabile. Divertente e azzeccata. Incurante delle convenzioni e accurata nelle informazioni. Generosa nelle digressioni e attenta nell’individuare un filo rosso di lettura e scrittura. Così è stata la presentazione de Le mille facce della morte di Enrico Gregori.
Nell'ampia introduzione che ha ripreso e arricchito di una scoppiettante aneddotica la sua recensione del libro, Gaja Cenciarelli ha definito il terzo romanzo thriller di Enrico Gregori “opera spartiacque”. Le domande di Isabella Moroni hanno aggiunto ingredienti succosi per chi si accinge alla lettura. Interventi dal pubblico hanno lanciato ipotesi interpretative argomentate e stuzzicanti.
Alla definizione di Gaja Cenciarelli – opera spartiacque, appunto – si sono così affiancate altre parole chiave: ricerca storica, rigore filologico, arte della dissimulazione, classicità.
Per chi scrive particolarmente prezioso, nel sapiente amalgama di invenzione e ricostruzione, è il riferimento a Gustav Meyrink, che della dimensione esoterica aveva saputo dare, nel suo celebre Golem, anche una versione (auto)ironica.
Sto leggendo Le mille facce della morte. Sorrido nell’aprire il libro alla pagina con la dedica di Enrico: Alla compagna der "Vivona" Anna Maria. Il debito di gratitudine nei confronti del ‘nostro’ comune professore di italiano, il nostro ‘maestro di letteratura senza confini’ aumenta, ma il peso è gradito.
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