YZU, Francesco Albano
Le pietre e i giochi – da cucuwàsh di Yzu
Oggi, 26 agosto 2012, a un anno dalla scomparsa di Francesco Albano, Yzu, sarà presentato a Pignola dalla madre, Ninetta Perone, il testo A te, Francesco mio. Con il pensiero sono lì, nel paese natale di mia madre, dove ho trascorso da bambina tanti giorni d’estate, dove ho visto Francesco neonato in braccio alla sua mamma. Ho trascorso l’alba a leggere il libro che Francesco, con il nome d’arte di Yzu Selly, pubblicò il 17 agosto 1999, cucuwàsh. Il nome della civetta nel dialetto pignolese racchiude un romanzo “da bere sorseggiando vino”, un itinerario articolato in dodici racconti e quattordici poesie, nel quale lo scrittore mescola le carte e scompiglia volutamente i numeri romani che precedono ogni composizione. Al lettore la scelta dell’ordine da dare al suo percorso di esplorazione del testo. L’esergo con i versi da La terra e la morte di Cesare Pavese e i tributi, sparsi e riconoscibili, riepilogati in parte nei ringraziamenti – tra questi, Buzzati, Kafka, Rimbaud, Blake, Joyce, Ovidio, Campana, Fortini, CCCP–Fedeli alla linea – scandiscono il libro della consapevolezza. La rabbia sacrosanta non è relegata alla condizione giovanile – a 28 anni Yzu lo dichiara esplicitamente – e la scelta di liberarsi dal cappio ha un prezzo pesante. In questo i versi della poesia XVI – L’ergastolano sono significativi: “Stanco un giorno del cappio che mi obbligava/ movimenti e mente mi misi in viaggio/ cercando antiche strade che obliassero/ questo vivere immobile in un tempo assente./ Tornato vivo presi a combattere/ immerso in una ragione tenace/ tentai d’affermare l’indicibile./ Come un criminale eretico/ sono stato costretto a camminare/ fra gli scherni e la derisione/ accusato di assassinii che legalmente/ compie il potere, quasi con candore.” (100-101)
Per questa giornata ho scelto i versi della composizione che, nella raccolta cucuwàsh, portano il numero II.
II
Le pietre e i giochi – Il bambino a sette anni
Da bambino raccoglievo le pietre
e ci giocavo. Gli davo forma.
Le facevo vivere in dimensioni
parallele alla loro concretezza,
perché ogni pietra narrava una storia.
Le loro forme erano così vere
da non poter far altro che sedermi
osservarle fra le mani e ascoltare.
Senza saperlo, di quel gioco
ero la parte più importante.
Una volta trovai l’isola
del minotauro, di teseo e arianna.
Dal lato opposto un drago spaventoso
mi soffiava fuoco negli occhi.
Trovai anche un pugnale turco
dalla lama ondeggiante e intarsiata.
La strana disposizione di alcune pietre
mi raccontò la vita di un brigante
ammazzato dai piemontesi; ecco le sue ossa.
Un’altra volta trovai tombe di barbari
sulla collina di ginestre.
Con gli amici e le nostre bimbe
andammo a smuovere quei cumuli di pietre.
Ci atterrì qualcosa e la luna enorme.
Corremmo a farci benedire
e fummo costretti ad aspettare
con la paura gonfia di lacrime
- il prete è impegnato, una scopa
a quattro e bicchieri di buon vino.
Il bambino aveva un paio di jeans rossi;
costrinse la madre a comprarli
col suo lagnare prepotente
al mercato assieme a una cinta anch’essa rossa
dalla fibbia difficile. Si sporcò.
Andò a giocare a pallone la sera stessa
nel campo sportivo di sabbia grigia
dimenticando il materno divieto:
“Nun t’gì a z’v’lià, ca t’accid’!’”
Poggiato contro la finestra
una guancia contro la grata fredda
un corpo adulto che preme alle spalle
chiede “Dov’è la luce”.
Accesala
tornò contro la finestra. Una curiosità
infantile pagata a un prezzo troppo alto.
Nonostante il recriminare di sua madre
non mise più quei jeans rossi; i gerani
sul suo balcone gli diedero sempre
fastidio, dopo, per quel rosso.
Fino alla consapevolezza.
(da: Yzu Selly, cucuwàsh, 27-29)
L’opera poetica di Yzu parteciperà al Festival dei poeti del Mediterraneo, nell’ambito del programma “Inizjamed. The Arab Spring Dignity and Freedom”, Malta, settembre 2012
Oggi a Pignola la giornata sarà dedicata all'arte di YZU .
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