Quando il coltello si aggira tra il consueto
è troppo tardi per scapole ciarliere.
Parole penzoloni, la baldanza
è farina, cade a pioggia.
*
A piegare il già visto e soppresso
ancora sfrutti l'epigrafe sonante.
Sorda ai presagi zittiti, quella si libra
volontaria e coscritta allo scherno.
*
Potessi ripiegare i giorni addietro,
al mio passato si affiancherebbe morte
con il volto scoperto, compagno di piccozza
e di sentiero. Con altro sorriso m'incamminerei.
I dipinti di Luigi Simonetta qui esposti indicano un percorso sostenuto da un progetto insieme chiaro e complesso, singolare e plurale allo stesso tempo. Colpisce la posizione scelta per le matriarche: sedute o in piedi, con le braccia a tracciare simmetrici contorni, si rivolgono a chi guarda, con la maestosità enigmatica dello sguardo. A distinguerne identità, funzione e significato intervengono fattori diversi e uniti dal rigore e dalla coerenza delle scelte: il capo scoperto o velato, il corpo fasciato o morbidamente avvolto dalle vesti, la capigliatura, sciolta o raccolta, l’abbinamento dei toni cromatici e, a seconda delle composizioni, il colore dominante, la qualità della pennellata ovvero del tratto, la presenza o l’assenza di linee di contorno e di linee interne volte a creare non tanto meri decori, quanto piuttosto una ragionata e riconoscibile struttura portante.
Di donna è il volto sfondato. Spalanca
seriale il paradosso di cartone
malamente inchiodato a Misurata.
Lei, l’oltraggiata, dispiega lontano
a fil di voce il sembiante. Puntella
pertinace l’assenza d’elezione.
E la sibilla libica rinnova
torcicollo aggraziato: di massacro
in massacro volge lo sguardo a Onna.
Anna Maria Curci
Le terzine di Onna, il testo al quale Luigi Simonetta dedica la quinta immagine della galleria dedicata alle Nuove nomenclature, si muovono in terre devastate, tra l'Abruzzo della frazione dell'Aquila duramente colpita dal sisma del 2009 e luogo di un eccidio perpetrato dagli occupanti nazisti nel 1944 e la Libia della città simbolo della guerra alla vigilia delle elezioni politiche del 2012, prime elezioni libere (libere?) del dopo Gheddafi. Elezioni piene di ombre, come mostra l'infierire sul manifesto di una candidata. Volge lo sguardo la sibilla libica e c'è da chiedersi se lo faccia con tanto aggraziata quanto perenne inerzia.
L’ho visto, da bambina, funzionante.
Era a Roma, era al monte dei cocci.
Mio padre, col suo camice e coi timbri,
lo conosceva con l’antico nome.
Fu la sua sede poi in periferia,
innocuo il nome: solo centro carni.
Con Brecht, Santa Giovanna dei Macelli,
pensavo al mattatoio di Testaccio.
Sociale, sale ancora a narici
marchiate squarto di macelleria.
In cella frigorifera hanno messo
quel ricordo di garretti recisi.
Anna Maria Curci
La quarta immagine della galleria creata da Luigi Simonetta, è dedicata a quella che, tra le Nuove Nomenclature, è la più vicina a ricordi lontani e permanenti, dall'età che oscilla tra infanzia e adolescenza, in un ponte che va dagli odori indelebili del Mattatoio di Testaccio, all'epoca funzionante come tale, alla prima lettura dell'opera teatrale brechtiana che l'allora sedicenne intraprese con l'ingenuo orgoglio di chi accede a territori nuovi e, insieme, seduti da tempo nella memoria percettiva. Quel ponte è lì, pronto a rivelarsi come illuminante anticipazione. Keine Delikatessen, per dirla con le parole di Ingeborg Bachmann, niente sorrisi e minuetti, semplicemente uno squarcio sulla verità.
Volano stracci intorno.
I veri hanno colori
da tuta mimetica,
inodore è il tanfo.
Nella notte ti culli
e ti spaventi a vuoto
per Lumpen variopinti
(rinnegati parenti).
Il cencio del risveglio
non porta la ragione.
Pre-fissi la coscienza
con novelitas lumpen.
Anna Maria Curci
La terza della galleria di immagini create da Luigi Simonetta per le Nuove nomenclature è dedicata a Lumpen - prefisso, testo nel quale punto di partenza e arrivo è quel termine tedesco - Lumpen, stracci, appunto - che abbiamo conosciuto come prefisso e che colleghiamo automaticamente all'espressione di Marx Lumpenproletariat. Gli stracci dell'oceanico Lumpenproletariat che ora siamo sono nelle teste, ben nascosti dalla patina simil-glamour che ci avvolge. Insieme ai miei cenci-fantasmi notturni e diurni - ché la veglia non cancella la visione, anche se si industria ad attenuarne le punte e a offuscarne la lucidità - c'è un riferimento all'ultimo romanzo pubblicato in vita da Roberto Bolaño.
Permanente abusiva, discarica
camuffa astuta il suo lussureggiare.
E s’ergono miasmi in questa landa.
Con la scarmigliatura d’ordinanza
una folle affastella resistenze.
Sulla lordura vuole volteggiare.
Anna Maria Curci
Seconda tappa del progetto grafico creato da Luigi Simonetta per le Nuove nomenclature è l'immagine che interpreta i versi di Halde.
Nell'alfabeto delle Nuove nomenclature, la lettera 'H' è associata a un termine che in tedesco ha, tra i suoi significati, quello di discarica. Il testo è nato in epoca piuttosto recente e porta le tracce, da un lato, di letture - curate per motivi di lavoro e di passione: elaborazione di un percorso di geocritica sui racconti di Seiler e traduzione di sue poesie per l'antologia La domenica pensavo a Dio - del "paesaggio accidioso" della Turingia orientale di Lutz Seiler, dall'altro di visioni consuete nostrane alle quali ci si chiede, in vari gradi di arroganza e sopraffazione, imperiosamente o in tono subdolo, l'assuefazione.
Con Clandestino, immagine e versi, prende avvio la pubblicazione dei testi dalle Nuove nomenclature, per i quali il pittore Luigi Simonetta ha scelto di creare opere grafiche originali. Sono lieta di poter presentare qui la prima tappa di un progetto a quattro mani e con strumenti espressivi diversi, per il quale non mi sembra esagerato usare il termine di intesa artistica.
Clandestino è stata una delle prime Nuove nomenclature a essere composta. La comparazione dei termini che alcune lingue applicano, con usi e accezioni disparati, alle persone migranti (e c'è da chiedersi se 'migrante' non sia, sempre, tutta l'umanità), ha messo in moto la riflessione che sta alla base del progetto e che qualche tempo fa ho riassunto in poche righe per la pubblicazione della prima parte dei testi sulla "Dimora del tempo sospeso" di Francesco Marotta:
Può la filologia salvare il mondo? Con tutta probabilità, no, neanche se si arrischia a muovere qualche passo di danza con il calembour o a tuffarsi nel senso letterale di espressioni di (perverso o sciatto, o perversamente sciatto, o sciattamente perverso) uso comune. La sua ragion d’essere è, semplicemente, quella di permettere, allo sguardo, di oltrepassare la cortina di fumo rancido delle parole-paravento, e, forse, alla coscienza, di districarsi tra cartapesta, spigoli e muri di gomma.
Clandestino
Sta dalla parte dei respinti
e non l’ha scelto. Il tedesco
lo chiama nero, se lavora,
a bordo passeggero cieco.
Il francese lo bolla senza
carte, per l’inglese è immigrante
illegale. Soliti ignari,
qui, rispolverano il latino.
Eppure, “di nascosto” era “clam”:
cosa c’è di segreto in chi,
nell’angolo, prega che lingua
non taccia o copra il suo destino?
Luigi Simonetta
Nato a Pavia nel 1941. Pittore ed incisore, fa del suo lavoro artistico un campo di riflessioni sul mondo contemporaneo, spesso utilizzando come fonti e termini di raffronto le immagini fornite dai "media" (acquarelli sulla guerra del Kosovo, disegni realizzati rielaborando notizie giornalistiche, opere su aspetti della "globalizzazione", ecc.). Di tanto in tanto, Simonetta si rivolge anche alla tradizione, dialogando con i modi moderni di interpretarla (ritratti di celebri artisti nei loro studi, opere ispirate ai classici della letteratura, ecc.). Un posto a parte hanno, nella sua produzione, le opere dedicate a Venezia (Venezia onirica, ecc.).
SALVIAMO CINECITTA' : REPORTAGE D'AUTORE E D'INTERVENTO CIVILE, regia e montaggio di Iolanda La Carrubba.
Scrive Nina Maroccolo: secondo la tradizione nobile e accanita del "cinéma vérité" (o direct-cinema): che negli Anni Sessanta si affidava alle cineprese portatili da 16 mm, ed oggi, inveve, confida nel più leggero ma non meno impegnato ausilio del digitale. Iolanda La Carubba è andata sul posto, ha fatto parlare i protagonisti di questa desolante vicenda, i 220 lavoratori e maestranze storiche che hanno creato un Presidio dormendo sotto tenda e difendendo la loro causa con dignitosa disperazione. Ha sollecitato un politico e sempre attento al sociale come Dario Nanni. Ha chiesto poi a degli autori della Roma di oggi di confrontarsi con le ombre e le luci di Cinecittà, questa grande eredità, oggi insidiata, del cinema e dell'immaginario. Nina Maroccolo, ad esempio, ha provato a calarsi nel personaggio irruento e dolcissimo di "Mamma Roma" - un'improvvisazione tanto istintiva quanto forse nell'inconscio meditata - quasi chiedendo al ricordo inarrivabile della Magnani di esserle miglior guida e madrina. Né sono stati da meno Gi Emme (Giovanni Marasco) con le sue foto b/n; Anna Maria Curci, che ha poetato le parole orribili della globalizzazione; Paolo Carlucci e Chiara Elia che hanno letto delle liriche composte appositamente. Plinio Perilli, infine, ha collegato il dramma della cronaca odierna con le grandi vicende culturali annidate dietro e dentro i nostri Studios: parlandoci di Fellini, Rossellini, Pasolini, e perfino di suo padre Ivo, sceneggiatore storico, e di sua madre Lia Corelli, che ogni giorno, nei primi Anni Quaranta prendeva il trenino azzurro da Termini e scendeva di fronte a Cinecittà, al Centro Sperimentale, fra alcuni giovani classe 1922 che si chiamavano Peppe De Santis, Carlo Lizzani, Carla Del Poggio...
SALVIAMO CINECITTA'
di Nina Maroccolo
INVITO
Sabato 28 luglio, dalle ore 16.00 a Cinecittà
L'occhio è l'obiettivo. La persona è la macchina da presa.
Ciò ch'emerge dai nostri singoli corpi che incamerano notizie, immagini, parole, azioni, sono dislivelli ideologici e motivazioni fisiche: le più contrastanti.
Spesso si accende, nel gioco dell'inconscio, una forte dinamica dualistica: alcuni la pensano in un modo, altri parteggiano per l'idea opposta. Anche con Cinecittà si ha, in fondo, la stessa coincidentia oppositorum: chi rimpiange che venga chiusa; chi auspica diversi investimenti e una totale ristrutturazione sposata a meri fini commerciali. Così l'opinione pubblica è perfettamente divisa: tra chi protesta e chi resta indifferente.
L'occhio è l'obiettivo. La persona è la macchina da presa.
I politici nicchiano, tentennano, dicono e non dicono.
Gli industriali, in verità, già pensano alla soluzione finale: contano i soldi, da spendere e soprattutto da guadagnarci.
E noi, cittadini qualunque? Abbiamo perso l'obiettivo.
Occorre salvare un patrimonio che è innanzitutto culturale, storico, etico ed estetico.
Con o senza obiettivo. Con o senza la macchina da presa.
Coincidentia oppositorum si diceva...
Cinecittà È.
È per tutto il mondo.
È per Noi.
Non È più dal 4 luglio 2012.
Ma per tutto il mondo continua ad Essere qualcosa di fondamentale, di riconoscibile, di apprezzato in senso artistico e artigianale (insieme ai grandi registi italiani, lo straordinario riconoscimento verso le nostre maestranze cinematografiche, scenografi, customisti, tecnici, stuntmen, falegnami, scultori, datori luci, fonici, attrezzisti, truccatori, sarti ... sono considerati da sempre i migliori).
Non dimentichiamo che nella Hollywood sul Tevere sono stati girati alcuni dei kolossal più importanti della Storia del Cinema, da "Ben Hur" a "Cleopatra", da "Guerra e Pace" a "Gangs of New York"...
Abbiamo intenzione di girare un film-documentario, con reportage fotografico, performances, letture e rivisitazioni storiche. Dopo le numerose defezioni, restano però i partecipanti più fedeli e convinti. Un breve elenco sommario comprende almeno i nomi e le fedi dell'On. Dario Nanni (Commissione Cultura), della regista e scrittrice Iolanda La Carrubba (che si incaricherà di filmare tutta la vicenda e incorniciare le interviste); del fotografo Giovanni Marasco, sempre sensibile quando deve far coincidere paesaggio umano e deriva naturale.
Amedeo Morrone, con la sua chitarra classica canterà un repertorio dedicato ai poeti contemporanei, fra i quali: Massimo Giannotta, Dante Maffia, Tomaso Binga, Mario La Carrubba, Francesco Muzzioli.
Tra gli scrittori che hanno assicurato la loro presenza: Paolo Carlucci, Chiara Elia, Anna Maria Curci, Nina Maroccolo e quel Plinio Perilli (autore di ROMAMOR, che evoca i grandi nomi tutelari della Roma del Novecento: Gadda, Moravia, Flaiano, Pasolini, Amelia Rosselli...), figlio del grande sceneggiatore Ivo Perilli che lavorò con i maggiori registi italiani e internazionali: Camerini, Rossellini, Monicelli, K. Vidor, J. Huston, De Santis, Comencini...
Due giovani registi tedeschi, Andrè Werner e Julia Murakani (curatori da otto anni, per il Festival di Berlino, della Rassegna "DLounge"), hanno aderito caldamente, decisi a riportare con sé, in Germania, sia la loro indignata intervista su Cinecittà che il resoconto dell'approccio umano con le maestranze e i lavoratori occupanti.
Sono 220 persone a rischio licenziamento.
Nina Maroccolo, da ROMAMOR, riprenderà il capitolo sull'Ovra a Cinecittà, paradossale e feroce rievocazione storica degli anni in cui il regime fascista spiava gli intellettuali, gli attori, e censurava i film e le idee. Metafisico ma, forse, "realistico" parallelo con lo scenario e la deriva di oggi?
Nina Maroccolo per SALVIAMO CINECITTA'
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