In “Maremarmo” di Fernanda Ferraresso, il canto, il grido, la parola che assume mandato e responsabilità, il detto, l’intuizione profetica, la riflessione, la denuncia, incisi nella pietra, intagliati nel legno, impressi nel metallo, sottratti alla furia degli elementi e alla sistematica azione di chi persegue innocuo oblio, affidati a un verso potente, formulano, con la pazienza di chi conosce il dolore e non lo nega, un quesito e un appello, non già di astratta, ma di vigile e concreta umanità a chi legge e chi ascolta. L’indifferenza non è data, si può scegliere se dare risposta concreta a quesito e appello e, a propria volta, di condividere mandato e responsabilità, di cercare strade e costruire ponti, lastricate le une e fabbricati gli altri, anche, perché no, in altri idiomi.
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