Regista abile e sapiente, Sibylle Lewitscharoff pone nello studio del filosofo Blumenberg il punto di partenza di una narrazione che tiene conto, intrecciandoli, separandoli, mettendone alcuni, di volta in volta, in primo piano, oppure, in un disegno contrappuntistico, al rovescio, di una molteplicità inusuale di fili. Sono fili sottilissimi e robusti, assortiti in maniera sicuramente inedita, indubbiamente originale, sono fili che attraversano ambiti del sapere - la filosofia, la storia dell’arte, la settima arte, la storiografia, la letteratura, l’ermeneutica e la traduzione, la storia del costume e l’indagine sociologica – e squarci sull’esistenza. Subito, da quello studio si parte per un viaggio che ha mete impensabili, senz’altro non scontate. [...] Anna Maria Curci
Si può partire da un personaggio realmente esistito e immaginargli un’altra vita, una storia diversa. Gli si possono mettere intorno altre vite, vite di studenti, per alcune di queste si può annunciarne la morte, con la scrittrice che si inserisce nella trama, morte che avverrà molte pagine dopo, senza per questo togliere nulla al piacere di proseguire la lettura. Si può piazzare, al centro dello studio del filosofo Blumenberg, un leone che per buona parte del romanzo solo lui vedrà. Un leone per il quale proverà un timore mai eccessivo, curiosità; un leone che gli darà sicurezza e del quale, presto, non potrà più fare a meno. Un leone che non vedranno mai i suoi quattro studenti, gli altri protagonisti del libro. [...] Gianni Montieri
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