Presentando due traduzioni (la prima di Francesco V. Aversa, la seconda di Anna Chiarloni e Giorgio Luzzi) di questo testo di Volker Braun, su Poetarum Silva, nel numero 10 della rubrica "Tra le righe", scrivevo così all'inizio di aprile 2012:
Di questa lirica, che affianco idealmente a Metà della vita di Hölderlin come “mia poesia“, scelgo idealmente due versi: il secondo e l’ultimo.
Il secondo verso, che Braun ha voluto distinguere dagli altri evidenziandone tutti i caratteri in maiuscolo, è un amaro rovesciamento del motto rivoluzionario attribuito a Nicolas Chamfort «Guerre aux châteaux. Paix aux chaumières.», che Georg Büchner pone immediatamente dopo la premessa del pamphlet Der Hessische Landbote / Il messaggero dell’Assia, fatto stampare e circolare clandestinamente nel 1834; così “Friede den Hütten! Krieg den Palästen!” diventa qui “KRIEG DEN HÜTTEN FRIEDE DEN PALÄSTEN”, “GUERRA AI TUGURI PACE AI PALAZZI”. Negli anni della Wende, Volker Braun sosteneva una terza via, terza via degna di nota, ancorché ignorata dalla storia, nella nostra epoca di cannibalismo capitalistico.
Il verso conclusivo della poesia è una domanda che faccio mia ed estendo a tutti gli aspetti del nostro convivere (civile?): “Wann meine ich wieder mein und meine alle”: ”Quando ridirò mio e intenderò dir: tutti”.
In un commento aggiungevo queste annotazioni:
Il testo è così denso di richiami alla storia attraverso un uso originale di modi di dire correnti se non addirittura ‘triti’ – un esempio per tutti “Und ich kann bleiben, wo der Pfeffer wächst.”, che letteralmente propone un ossimoro, “E posso restare-andare a quel paese”, sfida affilata per la traduzione, che nel primo caso rende con “Andarmene all’inferno è quanto mi è concesso”, nel secondo con “E allora posso andare in malora come sono.”. che la poesia necessita un approfondimento e, aggiungo io, impegna a un “necessario” ritorno all’attenzione, al confronto, alla (inattuale) vigilanza, al coraggio di strapparsi dal proprio ombelico.
La proprietà di Volker Braun accompagna la mia vita. Non è retorica, questa, è semplice constatazione, dalla quale scaturisce la mia personale resa del testo, che propongo qui di seguito.
Anna Maria Curci, 13 gennaio 2014
Das Eigentum
Da bin ich noch: mein Land geht in den Westen.
KRIEG DEN HÜTTEN FRIEDE DEN PALÄSTEN.
Ich selber habe ihm den Tritt versetzt.
Es wirft sich weg und seine magre Zierde.
Dem Winter folgt der Sommer der Begierde.
Und ich kann bleiben wo der Pfeffer wächst.
Und unverständlich wird mein ganzer Text
Was ich niemals besaß wird mir entrissen.
Was ich nicht lebte, werd ich ewig missen.
Die Hoffnung lag im Weg wie eine Falle.
Mein Eigentum, jetzt habt ihrs auf der Kralle.
Wann sag ich wieder mein und meine alle.
La proprietà
Io sono ancora qui: va all'Ovest la mia terra
PACE AI PALAZZI, ALLE BARACCHE GUERRA.
Ad assestarle il calcio sono stato io stesso.
Si butta via, lei, coi suoi vezzi da fame.
Segue all'inverno l'estate delle brame.
E dove mi hanno mandato posso restare adesso.
E si fa impenetrabile l'intero mio testo.
Quel che mai possedetti mi viene ora strappato.
Quel che non vissi, in eterno mi sarà mancato.
Era d'intralcio la speranza, come un tranello, uno.
La proprietà, la mia, è nelle grinfie vostre a uncino.
Quando ridirò mio e intenderò ciascuno.
Volker Braun
(traduzione di Anna Maria Curci)
________________________________
Volker Braun, nato a Dresda nel 1939, dopo la maturità e un periodo di occupazione che lo ha visto operario specializzato in una stamperia e tubista, ha studiato filosofia a Lipsia. Nelle sue opere teatrali, nelle sue poesie, nei suoi romanzi e nei racconti ha affrontato le contraddizioni e le speranze nella Repubblica Democratica Tedesca; pur essendosi iscritto alla SED nell 1960, ha subito spesso la censura a causa del suo atteggiamento critico. Dal 1965 al 1987, su invito di Helene Weigel, è stato direttore artistico del Berliner Ensemble. Dopo gli eventi della primavera di Praga, la critica crescente allo Stato socialista gli è costata una sorveglianza sempre più stretta da parte della Stasi. Dal 1972 Braun ha lavorato al Deutsches Theeater di Berlino; nel 1976 ha sottoscritto la petizione contro l’espulsione di Wolf Biermann, che era stato privato della cittadinanza della DDR. Tra il 1989 e il 1990, all’epoca della Wende, Braun è stato tra i sostenitori di una “terza via” per la DDR: la poesia Das Eigentum, del 1990, ne è espressione e il secondo verso è un intenzionale rovesciamento del motto che Georg Büchner pone all’inizio del suo scritto clandestino di protesta, contro la chiusura e la repressione della Germania anteriore al 1848, Il messaggero dell’Assia. Dopo il 1989 raccoglie il consenso unanime della critica e nel 2000 gli viene assegnato il Premio Büchner. Tra le sue raccolte successive al 1990 vanno menzionate Der Stoff zum Leben (1990), Die Zickzackbrücke (1992), Tumulus (1999), Auf die schönen Possen (2005). La prima antologia di Braun in traduzione italiana, La sponda occidentale (a cura di Anna Chiarloni e Giorgio Luzzi, Donzelli editore) è stata pubblicata a venti anni dalla caduta del muro di Berlino, nel 2009.
Ultimi commenti