I
La semina continua
di grani raccattati.
È mansueto l’appretto.
Sotto, collera bolle.
II
Schivo, umbratile, serio.
Efficace e solerte
l’estensor di profili
ti grattugia l’idioma.
III
Nella torre a Tubinga
scriveva Scardanelli
quel bagliore di alture
che cerco di tradurre.
IV
Non stracciarsi le vesti
e neppur strepitare
non preclude lo sguardo
non attenua la pena.
V
Il ripescaggio funge
solo con canzonette.
Non arrischia lo sguardo
chi è pago di orecchiare.
VI
A seminar qualcosa
troppo presto si arriva
oppure troppo tardi.
Altri colgono i fiori.
VII
Zattera, un giorno voglio
farmi nave ammiraglia
tronfia galea bastarda
per poi tornare chiatta.
VIII
Gavroche, m'incanti ancora
e il bello della storia
è che non m'incateni
a sdegno non dai freni.
IX
Vagano congetture
tra le gole e i tasselli.
Pazienti, come sempre,
attendono smentite.
X
Tutto quello che è inciso
mente con eleganza
dissimula il dolore
o ne crea l'esistenza.
XI
Apro lo scrigno rosso,
pare, la prima volta.
È già fitta di segni
quella pagina bianca.
XII
Ad aggiustare ormeggi
provvedono maestranze
fedeli e sovversive.
Rammendano l'attesa.
Anna Maria Curci
giugno-settembre 2013