Miti e ostinati scorrono versi lungo i fiumi
Heinz Czechowski, Il tempo è immobile. Poesie scelte
Lettura di Anna Maria Curci
(su Poetarum Silva, qui)
A cura e con le traduzioni di Paola Del Zoppo, Del Vecchio pubblica un altro volume della sua collana di poesia che si va arricchendo di titoli significativi. L’antologia è dedicata a un poeta della DDR ben poco conosciuto al pubblico italiano, Heinz Czechowski (1935-2009)*, e riprende le poesie scelte di Die Zeit steht still, pubblicate nel 2009 dalla casa editrice Grupello di Düsseldorf. Czechowski è stato definito, come apprendiamo dalle note biografiche che corredano la raccolta, “maestro del ritratto e della poesia di paesaggio”. È stato annoverato tra i poeti della “Sächsische Dichterschule” e chi conosce e ama Sarah Kirsch e Volker Braun comprende che questa definizione si riferisce a dialoghi, a conversazioni, a richiami intertestuali forti e consistenti, a un gruppo che pratica il confronto aperto “alla critica collettiva” (p. 12) piuttosto che a una vera propria scuola nel significato corrente del termine.
Lungo le rive di fiumi scorre la poesia di Czechowski, scandita in otto blocchi temporali che coincidono con altrettante fasi della sua produzione lirica. L’ultima sezione, di esplicita ispirazione dantesca, si intitola, anche nell’originale tedesco, Inferno. I richiami alla poesia di lingua tedesca, in particolare a quella di Klopstock, di Hölderlin, di Novalis, di Annette von Droste-Hülshoff si manifestano come un solo apparentemente placido confluire di acque fluviali.
Già nella prima sezione, che raccoglie le poesie scritte tra il 1958 e il 1962, chi legge si trova a percorrere le rive del fiume Neckar già nella terza poesia, intitolata, con il nome del poeta tedesco, Hölderlin.
HÖLDERLIN
Persino in rovina aveva ancora belle visioni:
I piacevoli pendii del Neckar. E ancora sentiva la vela
Morbida e sensuosa sfiorargli la fronte.
E sopra di lui ancora si inarcavano
I rami ombrosi dei suoi versi immortali
Ché lui ancora morente guardava
Pioppi, e montagne e vedute di campagna.
Ma ancora più smisurati i visi
Sull’orlo delle nuvole di sera
Sempre e sempre fino al giorno.
(p. 37)
HÖLDERLIN
Selbst im Verfall noch hatte er schöne Visionen:
Die lieblichen Hänge des Neckar. Und fühlte noch Segel
Weich und sehnsuchtsvoll sein Stirne berührn.
Auch wölbten sich über ihm noch
Die schattigen Zweige seiner unsterblichen Verse,
Da er vergehend noch einmal erschaute
Pappeln und Berge und Blicke ins Land.
Doch ungeheurer noch warn die Gesichte
Über den Saum der Wolken zum Abend
Immer und immer dem Tag zu.
(p. 36)
Dalle rive dell’Elba, da una Dresda squassata dal bombardamento bellico, dalla “città sprofondata in fiamme” scorre la parola come fiume. Ma quel verbo “klirren”, reso qui con “stridere”, è un palese tributo a Hölderlin di Hälfte des Lebens, Metà della vita:
PERIFERIA DI DRESDA 1945
Dal bianco, che copre tutti gli affanni,
Non sale un suono,
Si avvicinano neri, binario a binario,
Vagoni –
Inverno di guerra – senza pelle,
Che a lungo lasciò carcassa su carcassa.
Il vento stride.
Il filo strazia la carne.
Non c’è una cornacchia che qui si perde.
(p. 41)
DRESDNER VORSTADT 1945
Dem Weiß, das alle Mühsal deckt,
Entsteigt kein Laut.
Schwarz aufgefahren, Gleis auf Gleis,
Waggons –
Kriegswinter – ohne Haut,
Die längst Gerippe um Gerippe ließ.
Wind schwirrt.
Draht schneidet tief.
Nicht eine Krähe, die sich hier verirrt.
(p. 40)
La poesia menzionata di Hölderlin si chiude con le parole “im Winde klirren die Fahnen”, (“al vento stridono i vessilli”), in quella di Czechowski è il vento a stridere - “Wind klirrt” è il lapidario terzultimo verso. Tuttavia, nella sezione successiva, quella che racchiude le poesie scritte tra il 1963 e il 1967, la Lode dell’esser qui di Czechowski si apre nel segno del vessillo d’azzurro (“Fahne aus Blau ”); riporto qui la prima strofa del componimento:
LODE DELL’ESSER QUI
Sono qui, sotto la tenda, il vessillo
Di blu. Le lame dell’estate
Incidono asfalto, alberi e pelle.
Rigido spavento degli alberi
Quando l’oscurità, una mano enorme, copre
Il sole, non mi raggiunge più
Tra stordimento e sonno.
(p. 49)
LOB DES HIERSEINS
Hier bin ich: unter dem Zelt, der
Fahne aus Blau, Die Messer des Sommers
Schneiden ins Asphalt, Bäume und Haut.
Das starre Erschrecken der Bäume,
Wenn die Dunkelheit, riesige Hand, die
Sonne bedeckt, erreicht mich nicht mehr
Zwischen Betäubung und Schlaf.
(p. 48)
Superata la “Wende” (“Ciò che è alle spalle/ Lo sappiamo. Ciò che è davanti/ ci rimarrà oscuro/Finché non/Sarà alle spalle.”, p. 193; poesie scritte tra il 1987 e il 1992), le acque bagnano paesaggi spogli e mesti, anche ben oltre i confini tedeschi, anche sulle rive dell’Arno; dalla sezione che contiene le poesie scritte tra il 1993 e il 1996, ecco:
AUTORITRATTO, FIRENZE
Pomeriggio tardo. Incredibile
Luce invernale. Chi ancora non
È malinconico
Non può che diventarlo, qui. Io
Tremo nell’intimo. Terra troppo
Lontana la Germania. Quando mi avranno
Lasciato il dolore, la rabbia,
Sarò perduto.
(p. 213)
SELBSTBILDNIS, FLORENZ
Später Nachmittag. Ein unglaubliches
Winterlicht. Wer noch kein
Melancholiker ist,
Muß es hier werden. Ich
Zittere innerlich. Deutschland
Ist ein zu fernes Land, Wenn mich
Der Schmerz, die Wut verlassen,
Werd ich verloren sein.
(p. 212)
À rebours, concludo con l’incipit. L’antologia si apre con il primo verso di un sonetto, An der Elbe, Sulle rive dell’Elba: "Sanft gehen wie Tiere die Berge neben dem Fluß / Leggère come bestie le montagne scivolano accanto al fiume” (pagine 32, 33). Nell’introduzione, che ripercorre puntualmente le tappe della produzione poetica di Czechowski, Paola Del Zoppo informa chi legge: «Riguardo al sonetto […], Czechowski affermerà in seguito che era “spazzatura” e che del sonetto andrebbe “salvato” proprio solo il primo verso.» (p. 13). Non ho opposto resistenza alcuna alla curiosità immediatamente suscitata in me da questo manifesto rinnegare da parte del poeta. Riporto di seguito il sonetto abiurato, apparso nel 1961 nella raccolta “Conoscenza con noi stessi”. All’originale segue la mia traduzione.
Heinz Czechowski
An der Elbe
Sanft gehen wie Tiere die Berge neben dem Fluß.
Nur zu ahnen die Brücke, doch eben noch da.
Und von den Wiesen mischt sich ein Duft
mit dem Geruch dumpfen Wassers. Wir sind ganz nah.
Und Geräusche sind wenig: das Gurgeln des Wassers,
ganz leis nur in Blättern und Gräsern ein Wind.
Kein Mensch sonst. Nur wir. Und die große Stille
geht in uns ein — nur wir Liebende sind.
Hier sind wir zu Haus. Und der Himmel ist hoch.
Und die Nacht läßt die Sterne des Sommers drin reifen.
Ganz nah dein Gesicht. Und dann spüre ich noch,
wie die kleinen Wolken die Pappeln fast streifen.
Und wie ein Glücklichsein in uns sich vermählt
mit der großen Schönheit der Welt.
(da: Bekanntschaft mit uns selbst. Gedichte junger Menschen, Halle 1961, S.57)
Sulle rive dell’Elba
Miti vanno come animali i monti accanto al fiume.
Si può solo intuire il ponte, eppure è ancora là.
E dai prati si mescola un olezzo
all’odore di acqua stantia. Siamo da presso.
E di rumori ce ne sono pochi: il gorgogliare dell’acqua,
tutto sommesso solo in foglie e fili d’erba un vento.
A parte questo, nessuno. Solo noi. E il vasto silenzio
ci pervade – solo noi amanti esistiamo.
Qui siamo a casa. E il cielo è alto.
E la notte vi fa maturare le stelle dell’estate.
Vicinissimo il tuo viso. E allora sento pure
come le piccole nubi quasi sfiorano i pioppi
e come un esser-felici si sposa in noi
con la maestosa bellezza del mondo.
(traduzione di Anna Maria Curci)
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* Poeta e scrittore un tempo molto famoso e apprezzato soprattutto nella DDR, tanto da ricevere, su proposta di Christa Wolf, il PREMIO HEINRICH MANN, Czechowski si spegnerà in una clinica nei pressi di Francoforte nel 2009, dimenticato quasi da tutti. La sua produzione poetica offre la possibilità di conoscere la ricca e complessa esistenza del poeta, nato nel 1935, parte di quella generazione che ha vissuto il nazismo in età infantile e la cui età adulta si è realizzata in gran parte nella Germania divisa. In Czechowski, definito dai più un poeta “soggettivo e storico” insieme, lo sguardo della poesia, così legata agli eventi, è sempre fortemente filtrato dalla soggettività, la poesia stessa è un’interrogazione sull’Io: «Dietro alle domande che devo pormi si cela il problema dell’identità del soggetto con se stesso e con la società in cui vive». E la risposta a queste domande è ancora una volta compito della poesia.
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Heinz Czechowski, Il tempo è immobile. Poesie scelte. Cura e traduzione di Paola Del Zoppo, Del Vecchio Editore, 2012
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