«[…] stranamente il linguaggio della letteratura sembra essere quello che più si approssima oggi alla realtà dell’individuo[…]. Forse perché nella letteratura è sempre contenuto il coraggio morale dell’autore – il coraggio della conoscenza di sé».
È con questa citazione di Christa Wolf che Paola Quadrelli decide di aprire «Il partito è il nostro sole». La scuola socialista nella letteratura delle DDR, saggio ampio e dettagliato su un’area, la Schülerliteratur, che, già nutrita di una solida tradizione, almeno a partire da I Buddenbrook di Thomas Mann, vive nei quaranta anni di vita della Repubblica Democratica Tedesca un’epoca di rigogliosa fioritura.
Gli esempi, numerosi e consistenti, tratti dalla letteratura della DDR, confermano la veridicità della definizione di “autenticità soggettiva”, anch’essa uscita dalla penna di Christa Wolf e centrale nella sua poetica. La letteratura è “realtà filtrata dalle passioni e dalle urgenze dell’autore” (p. 7).
La tesi di fondo, sostenuta da Paola Quadrelli con valide argomentazioni, può essere sintetizzata nella parola composta Ersatzöffentlichkeit, vale a dire: “surrogato dell’opinione pubblica”. In un paese nel quale i mezzi di comunicazione – accadeva nella DDR, continua ad accadere oggi, aggiungo io, in molti, troppi, luoghi del mondo – “non erano liberi, la letteratura costituiva una preziosa fonte di informazione e di discussione di temi di interesse pubblico” (p. 174).
Sullo sfondo di questa tesi, il saggio si articola in quattro capitoli concepiti in logica concatenazione. Il primo capitolo, infatti, descrive il sistema educativo della DDR e rende chi legge edotto su sigle e strutture che della formazione del cittadino, almeno negli auspici del partito, costituivano il fondamento. Il secondo capitolo, «Educare l’uomo nuovo»: la scuola negli anni dello stalinismo, racconta la scuola della DDR negli anni Cinquanta attraverso due opere di Uwe Johnson – l’opera prima dello scrittore nato nel 1934 in Pomerania, pubblicata postuma nel 1985, Ingrid Babendererde. Reifeprüfung 1953 (“Ingrid Babendererde. Esame di maturità 1953”); il quarto volume di Jahrestage (i primi due volumi sono stati tradotti in italiano con il titolo I giorni e gli anni. Dalla vita di Gesine Cresspahl) – e due opere di Helga Novak: Die Eisheiligen (“I santi di ghiaccio”, 1979), Vogel federlos (1982; la traduzione italiana, Volava un uccello senza piume, è del 1990). Il terzo capitolo ruota intorno al concetto di nascita della cultura giovanile nella DDR degli anni Sessanta e analizza con passione e accuratezza Gli anni meravigliosi di Reiner Kunze, soffermandosi, con scelte lucidissime e puntuali, su testi centrali (Nove anni, Undici anni; Clown, muratore o poeta; Ordine, Moventi, Elemento) e concetti cardine nella raccolta, primo fra tutti “il pugno che può piangere”, “metafora impossibile”. Il quarto capitolo rivolge l’attenzione, nei precedenti capitoli focalizzata sulle figure di studenti, alle figure di insegnanti nella narrativa della DDR: Karla, l’insegnante piena di dubbi in conflitto con lo schematismo ideologico, disegnata, per la sceneggiatura dell’omonimo film di Martin Zschoche del 1964/65, da Ulrich Plenzdorf, l’autore de I nuovi dolori del giovane W.; Gustav Wanzka, il professore con la passione pedagogica di Pause für Wanzka oder die Reise nach Descansar (“Pausa per Wanzka ovvero il viaggio a Descansar”, 1968) di Alfred Wellm, Karl Simrock, l’insegnante in aperta ribellione di Schlaflose Tage (“Giorni insonni”, scritto nel 1976, pubblicato nel 1978 nella Germania Federale dalla casa editrice Suhrkamp) di Jureck Becker, l’autore di Jakob il bugiardo.
Il saggio, che si apre con una citazione di Christa Wolf, ha con un testo di Christa Wolf, Das haben wir nicht gelernt ("Questo non lo abbiamo imparato") il suo epilogo. Si tratta di un testo che Wolf pubblicò alla fine di ottobre 1989, sul settimanale “Wochenpost”, una critica incisiva alle pratiche educative invalse nel paese, una inequivocabile “denuncia di deformazioni psicologiche e intellettuali subite da un’intera generazione di cittadini della DDR” (p. 217), di un conformismo ideologico padre di una “schizofrenia cronica”, della “condizione sconvolgente” di un sistema formativo che fa delle pratiche di censura e intimidazione i suoi strumenti di sopravvivenza. A pagina 219, Paola Quadrelli riporta un brano significativo del testo di Christa Wolf:
«I media tacevano, o peggio coprivano il nocciolo del problema – il fatto che a scuola i nostri figli sono educati all’insincerità e lesi nel carattere, che vengono imbrigliati, tarpati e umiliati – con quella fumisteria verbosa e immaginifica con cui si propinavano problemi fittizi per poi risolverli in un batter d’occhio. (Tanto di cappello a quegli insegnanti che, pienamente consapevoli della situazione e spesso prossimi alla disperazione, hanno cercato di creare per i loro studenti uno spazio in cui potessero pensare e svilupparsi liberamente).»
Un libro necessario su letteratura necessaria, per la quale formulo l’auspicio di una più ampia accessibilità mediante un rinnovato slancio traduttivo.
Paola Quadrelli, «Il partito è il nostro sole». La scuola socialista nella letteratura delle DDR, Aracne 2011