Ragioni vecchie e nuove, fili insondabili, mi hanno portato a risalire, da un autoritratto visto ieri, ai tanti autoritratti di Oskar Kokoschka, del quale è quasi del tutto sconosciuta la produzione teatrale, fatta eccezione per l'opera prima Assassino, speranza delle donne. Ragioni vecchie e nuove, fili insondabili, mi hanno portato a raccontare ieri all'autore di quell'autoritratto, così somigliante ad alcuni autoritratti di Kokoschka, dell'opera teatrale Comenio. Da Comenio di Kokoschka propongo qui la parte conclusiva della seconda scena. Comenio racconta la fiaba di Libussa. Sul mito di Libussa, dalle versioni in latino di Enea Silvio Piccolomini e di Jan Dabrovius, passando per la fiaba popolare proposta dall'illuminista tedesco Musäus, fino alla letteratura austriaca, sempre di lingua tedesca, di Grillparzer nell'Ottocento e di Ingeborg Bachmann nel Novecento, vorrei in seguito ritornare. La versione che ne dà Kokoschka mi sembra particolarmente interessante. (AMC)
COMENIO
Andate, bambini, i vostri genitori aspettano, si fa buio.
BAMBINI
Abbiamo fatto la festa per noi bambini e oggi giochiamo all’inizio della primavera. Paga il pegno con una storia!
TUTTI
Sì, una storia!
COMENIO guarda l’insegna del candelaio, che rappresenta un alveare
Bene, bambini, per rinfrescare le vostre teste accaldate. Quest’insegna della bottega del candelaio mi suggerisce la favola. C’era una volta un tempo, in cui il vostro popolo era come il regno delle api, allorché il nostro paese era ancora un bosco di grandezza smisurata. La brina non si fondeva mai, il gelo non si scioglieva mai, non scintillava come rugiada. Il nostro popolo boemo era un ospite che si era svegliato troppo presto, prima ancora che la casa fosse in piedi. E viveva nel bosco, vestito con pelli di animali selvaggi, come si portavano allora nelle campagne. Soltanto Libussa andava a passeggiare con un abito di lino bianco tessuto da lei stessa e ricamato con filo colorato. A ogni passo le sembrava che un uccello le avesse gridato: Già sveglia, Libussa?
Poiché Libussa era un mago, le bastò guardare nel suo specchietto, proprio come voi fanciulle osservate le figure in un libro di fiabe, e poté riconoscere la regina delle api, che andava a fare una passeggiata nel suo cocchio. Libussa voleva farle posto e la regina delle api rispose con un inchino e la invitò a salire.«Lei è la prima, signora Libussa, la mattina così presto!». Libussa temeva di sembrare importuna, chiese solo consiglio su come si dovesse fondare uno stato per il popolo boemo. La regina delle api glielo raccontò la mattina stessa, finché entrambe, per via della colazione, dovettero separarsi. È naturale che la signorina Libussa non potesse portare la sua tazza di caffè nell’alveare. E così non era stata abbastanza sveglia per tenere a mente con precisione le istruzioni della regina delle api.
Dopo che Libussa ebbe fondato il suo stato di fanciulle secondo le istruzioni dell’ape, si levò un grande clamore nel campo. Due contadini litigavano per una delimitazione, erano avvolti solo in pellicce come orsi e si minacciavano con pesanti clave. Videro la signorina Libussa e si dissero a bocca spalancata: senza dubbio, questa è una dottoressa di fama! E la pregarono di appianare il loro litigio. Libussa cercò disperatamente nella sua memoria in che modo la regina delle api avrebbe appianato un simile caso. Inoltre aveva lasciato a pascolare nel bosco il suo unicorno bianco, che l’avrebbe consigliata bene. Guardava perplessa da un uomo all’altro. Se l’uno aveva un ciuffo rosso, l’altro occhi azzurri e fianchi snelli. Diede quindi ragione a quello che era stato meno dotato dalla natura, com’è noto i capelli rossi significano sfortuna. Gli diede un bacio e chiese svelta all’altro, perché intanto guardasse verso il cielo: pioverà ancora oggi? Ella si morse le labbra rosse, perché quello di nome Premisl, che aveva occhi così innocenti e fianchi sottili e capelli biondi, invece di farle la corte, si mise a imprecare. La signorina Libussa cominciò a balbettare alla sua domanda: Ma chi è lei? E di cosa viene a immischiarsi? Nessuno l’ha chiamata. Gli uomini vogliono eleggere un principe. Durante la votazione ella giaceva, come riferisce la cronaca, «adagiata sui cuscini ». Probabilmente quella decisione degli uomini le aveva causato un grande dolore. I borgomastri dirigevano la votazione sul campo. Libussa fu costretta ad andare senza parasole dietro l’aratro del contadino, a raccogliere i covoni di Premisl, che era stato eletto marito della regina e principe di Boemia. Gli occhi di Libussa si riempirono di lacrime, perché Premisl aveva cose più importanti da fare. Quel giorno stesso voleva arare tanta terra, da poterci costruire sopra una capitale per il suo regno boemo. Da quel tempo qui hanno governato gli uomini, ma raramente vi è stata pace.
egli si alza, tutti gridano e ridono
BOSCAIOLI E BAMBINI si ritirano
Catechista, hai raccontato bene. Hai parlato bene delle api, meglio di noialtri, che ce ne intendiamo. Se Wallenstein viene a Fulnek, anche i nostri pugni resteranno amici. Sebbene noi siamo tedeschi, puoi contare su di noi nel bisogno. Uno, due, tre, hip, avete tutti la vostra ascia?
si caricano sulle spalle gli strumenti e i sacchi, via
COMENIO
Purtroppo questa brava gente cresce solo nel bosco, non in città
via
Da: Oskar Kokoschka, Comenio. Dramma (1938/1938 e 1972), in Oskar Kokoschka, Assassino, speranza delle donne. Teatro. introduzione e traduzione di Lia Secci, Serra e Riva editori, Milano 1981, 171-173