“Il viandante è già troppo stanco per fermarsi e, mentre perde il controllo dei piedi, si rende conto di come la sua fantasia si sia sganciata da lui. Il sole gli sta, dardeggiante, alle spalle. Resina e timo impregnano l’aria, nella quale, riprendendo il fiato, egli crede di soffocare”. (da Walter Benjamin, In der Sonne, qui nella traduzione di Anna Maria Curci)
Uno dei brani più noti del testo che Benjamin scrisse a Ibiza nel 1932, In der Sonne (la traduzione italiana, Sotto il sole, è stata pubblicata nel V volume delle Opere complete di Benjamin, edizione italiana a cura di Enrico Ganni e Hellmut Riediger, traduttori vari) mi sembra esprima in maniera particolarmente efficace l'intuizione del passaggio, brusco o lento, ma sempre in agguato, dall'apparente armonia della natura - che, come è avvenuto da parte di alcuni critici per Autunno trasfigurato di Trakl, può essere frainteso e colto come mero idillio - alla coscienza dell'imboscata che questa, la natura, tende, sempre, a chi si accontenta della superficie. Già Trakl nel penultimo verso di Autunno trasfigurato, con sublime ironia, lasciava intuire il doppio fondo del "quadretto" (Bildchen nell'originale). Qui è la calura rovente del mezzogiorno a trafiggere le illusioni superficiali. Non sta in questo il senso della poesia, nella consapevolezza del permanente dualismo e nella ricerca insieme lucida e visionaria delle sue più disparate manifestazioni?