Sorbus Aucuparia L. , da Otto Wilhelm Thomé, Flora von Deutschland, Österreich und der Schweiz (1885)
Testimone imperdonabile di un cespuglio di sorbo. Cristina Campo su Gottfried Benn
[…] Imperdonabile, stando così le cose, soprattutto il poeta. […] Il suicidio editoriale viene rischiato, e ottenuto, perché i saggi di Gottfried Benn, quel grandioso compianto sull’Uomo Quaternario, siano proposti al pubblico con deliranti cautele: per favore non lo si prenda sul serio, nessuno lo consideri più che un fenomeno, un segno dei nostri tempi. Superfluo dire che non un critico ha riso.
Imperdonabile Benn, e non certo nel suo sacco cinerognolo di peccatore politico (neppure è dignitoso ricordare quanta cattiva politica sia sempre perdonata in nome della cattiva scrittura), bensì nella sua stola purpurea di confessore della forma: l’autore di alcune poesie solo possibili al magistero del più alto maestro in molti anni di lingua tedesca, poiché di questo si tratta, alla fine. Imperdonabile Benn, che afferma non dover essere il poeta lo storico del proprio tempo, anzi il precursore al punto da ritrovarsi di millenni alle spalle di quel tempo, l’antecessore al punto da poter profetare dei più lontani cicli avvenire. Testimone soltanto di ciò che immobilmente perdura: un guerriero, una stella, una morte, un cespuglio di sorbo.
Egli offre la prova di ciò quasi senza volerlo, in una poesia di due strofe, «ma tra le due strofe ci sono vent’anni di distanza». Così l’una come l’altra strofa cominciano con l’identico accordo, si aprono in progressioni diverse, rifluiscono in cerchi alla loro sorgente, ciò che è solo possibile alla totalità e permanenza di un identico spirito commosso. È la piccola poesia, di così ferale bellezza, che comincia con le parole «Welle der Nacht» e si trova nella raccolta delle Statische Gedichte.
Welle der Nacht—, Meerwidder und Delphine
mit Hyacinthos leichtbewegter Last,
die Lorbeerrosen und die Travertine
weh'n um den leeren istrischen Palast,
Welle der Nacht—, zwei Muscheln miterkoren,
die Fluten strömen sie, die Felsen her,
dann Diadem und Purpur mitverloren,
die weiße Perle rollt zurück ins Meer.
Onda di notte—, arieti di mare e delfini
con il carico appena sommosso di Zacinto,
i laurocèrasi e i travertini
spirano intorno al palazzo istriano.
Onda di notte—, due conchiglie insieme isolate,
accorrono sulle alte correnti dagli scogli,
e poi, corona e porpora insieme smarrite,
la bianca perla rotola nuovamente nel mare.
(da: Cristina Campo, Gli imperdonabili, Adelphi, Milano 1987, 77-78; il saggio apparve nel 1971 nel secondo dei due libri che Cristina Campo pubblicò in vita: Il flauto e il tappeto)
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